Marco Mastropieri
Alla base della ricerca pittorica di Marco Mastropieri (nato nel 1995 a Foggia, vive e lavora tra Venezia e Conegliano) vi sono lo studio del paesaggio e la costruzione di mondi nuovi e inesplorati elaborati partendo dagli stimoli visivi e sensoriali del reale. Attraverso un metodo di rappresentazione analitico e metodologico sul filone dei fiamminghi e di alcuni botanisti del ‘500, ogni pianta e foglia è analizzata con cura sino al dettaglio, divenendo protagonista di uno spazio senza presenza umana in cui il primo piano presenta elementi più dettagliati e visibili mentre lo sfondo sfuma come per celare una tempesta pronta a sopraggiungere.
I comportamenti e movimenti delle piante, ripresi dagli studi scientifici sulla neurobiologia vegetale, sono protagonisti dell’impianto narrativo dell’immagine. Accentuando il tutto attraverso deformazioni e sproporzioni, l’artista dà vita a luoghi dall’atmosfera surreale.
Tra le fonti di ispirazione, il libro del 1976 “La botanica parallela” di Leo Lionni, curioso scritto in cui si descrive con meticolosità scientifica una serie di specie vegetali immaginarie, e le opere di Gherardo Cibo, artista botanico vissuto nel ‘500, autore di uno dei più antichi erbari, connotato da un’evidente alterazione delle proporzioni tra la pianta in primo piano e il paesaggio nello sfondo. Altre importanti fonti di ispirazione provenienti dal mondo letterario sono la saga di romanzi fantascientifici “Dune”, in particolare il modo in cui l’autore, Frank P. Herbert, ha sviluppato il pianeta su cui si svolgono gli eventi, e il romanzo francese “Le avventure di Gargantua e Pantagruele”, le cui atmosfere si ripropongono all’interno dei dipinti.
Il concetto di ecosistema è un altro fondamento della ricerca di Marco Mastropieri, che si sviluppa considerando la connessione delle diverse forme di vita e le corrispondenze tra macrocosmo e microcosmo.
Talvolta cupi, altre volte avventurosi, i dipinti di Marco Mastropieri mettono innanzi agli spettatori paesaggi in cui ogni possibile traccia umana è assente, ribaltando la concezione antropocentrica della natura.